giovedì 30 aprile 2009

DOMENICA ORE 22.00 CAMPO DELLE ROSE

OCFESTOLESE V/S RESTO DEL MONDO

PER INFO CONTATTARE IL DIRETTORE SPORTIVO
PIETRO ROMANO

mercoledì 29 aprile 2009

ARCIMATTO FESTOLESE


















AVVISO :QUESTA PUNTATA DELL' ARCIMATTO FESTOLESE ANDRA' IN ONDA IN FORMA RIDOTTA PER VENIRE INCONTRO ALLE VOSTRE LIMITATE CAPACITA' MENTALI


FRANCESCO MONTERVINO Un nome ed un cognome: Francesco Montervino. Quello che c’era, c’è e probabilmente ci sarà. Perchè ha le stimmate del capitano. La fascia no, visto che spesso siede in panchina ed è costretto a cederla all’amico Paolo Cannavaro. Ma quello è solo un simbolo, lui invece è il Simbolo. Quello del Napoli che fu Soccer. L’anello di congiunzione tra il pre ed il post fallimento. In C Montervino era un lusso, in B già lo si criticava perchè c’era chi non lo riteneva all’altezza. Reya, invece, lo preferì a Dalla Bona nel momento cruciale della stagione e Ciccio rispose alla grande. La serie A doveva essere un premio e nulla più ed invece ogni qual volta stato chiamato in causa il capitano ha fatto la sua buona figura. Non solo muscoli e cuore ma anche tanta corsa, notevole sagacia tattica e, perchè no, qualche bella giocata vedi l’assist per Hamsik nel finale di primo tempo domenica sera. La dimostrazione che la professionalità paga sempre ma anche che il calciatore c’è. Non solo tappezzeria da spogliatoio. Donadoni di recente aveva puntato su Grava e lui in silenzio, ma con rammarico, si era accomodato al fianco del nuovo allenatore. Quando quest’ultimo ha deciso di dargli fiducia, Francesco Montervino si è fatto trovare pronto. Come al solito. Trapassato futuro.


FRANCESCO MONTERVINO UN ESEMPIO DA SEGUIRE PER TUTTI I CALCIATORI FESTOLESI- CUORE GRINTA E PROFESSIONALITA'



NUOVA SEDE SOCIALE


IL PRESIDENTE PEPPE MARESCA ANNUNCIA CHE DA OGGI LA OCFESTOLESE SARA' DOTATA DI UNA SEDE SOCIALE IN VIA E.DE MARTINO META DI SORRENTO

martedì 28 aprile 2009

TANTI AUGURI NANDO

GLI ULTRAS CONTESTANO LA FESTOLESE

ALCOL DONNE E DIVERTIMENTI ECCO PERCHE' IN CAMPO SIETE INCONCLUDENTI.
PRETENDIAMO UNA SQUADRA VERA O CHE IN CAMPO GIOCHI
LA PRIMAVERA
DIRETTIVO ULTRAS FESTOLESI


sabato 25 aprile 2009


PACE MARESCA MASSA?'

venerdì 24 aprile 2009

il presidente risponde.

il sig. Francesco Massa mi ha quasi stufato, non devo scusarmi con nessuno per aver rivolto dei complimenti ad un giocatore che oltrettutto indossa la maglia anche della sua città e che ha contribuito ad una vittoria storica che da onore e lustro a tutti.
come mai Quando ho rivolto apprezzamenti per mr Reja e il Pampa Sosa il signor Massa non si è rivolto contro di me con tale animosità? Mi accusa di non interssarmi delle sorti della squadra.. bene mi verrebbe da dire ma da che pulpito viene la predica.. ricordo a tutti che il signor Massa, il lunedi' diserta la partita della festolese per andare a giocare con i suoi amici al campo di sant' agnello! un bel modo davvero per onorare i propri colori. Il signor MASSA fino a qualche giorno fa era anche l' allenatore della OCFESTOLESE.. un allenatore però che si è fatto sentire piu' scrivendo sul blog che in panchina, visto che al campo si è visto solo sporadicamente.
Sono tante le cose che vorrei ricordare al signor Massa ma preferirei dirgliele di persona, solo un consiglio la COERENZA non la usi solo in Curva.

con affetto,
peppe maresca

Giocatori duri: "Maresca pensi alla propria squadra"

Il presidente Giuseppe Maresca, oltre alla contestazione dei tifosi biancoazzurri in merito alla rubrica "L'Arcimatto", deve incassare anche la critica della maggior parte dei propri tesserati, tra cui Francesco Massa, uno dei giocatori piu’ influenti dello spogliatoio biancoazzurri: “Le ultime dichiarazioni effettuate a mezzo stampa da parte del presidente non mettono certamente tranquillità all'interno dello spogliatoio. Dovremmo preoccuparci più delle partite che affronteremo nei prossimi giorni e a cercare qualche risultato in più (visto i tempi di magra). Piu’ che a fare i complimenti agli altri, bisognerebbe pensare alla propria squadra”.

giovedì 23 aprile 2009

LE BANDIERE NON SI DIMENTICANO
ULTRAS PESCARA SEMPRE FORZA GIAMPAOLO

23 APRILE 2009 IL SORRENTO VINCE LA COPPA ITALIA
CON GOL DEL GRANDE GIAMPAOLO

mercoledì 22 aprile 2009

INGAGGIATO POLLIO- la festolese modello BILBAO


Un colpo prestigioso quello messo dal presidente Maresca, ha annunciato infatti l' acquisto di Gianluigi Pollio storica bandiera dell' EVERGREEN SANT' AGNELLO. Il forte centrocampista noto per le sue punizioni alla Sinisa Mihaijlovic si è dichiarato entusiasta di indossare i colori biancazzurri essendo per lui un ritorno a casa visto che è nato e risiede proprio in VIA FESTOLA. Il suo acquisto dimostra l' intenzione della società di puntare molto sui giocatori locali e di evitare l' acquisto in futuro di calciatori esteri che nel tempo hanno dimostrato scarso attaccamento alla causa FESTOLESE.
RICORDIAMO CHE FRANCESCO MASSA E GIUSEPPE DE MAIO VIGILERANNO SUL RISPETTO DA PARTE DEI TESSERATI FESTOLESI DELLE REGOLE COMUNICATE DALLA SOCIETA'...
I TRASGRESSORI VERRANO PUNITI ADEGUATAMENTE


martedì 21 aprile 2009

REGOLAMENTO TESSERATI OC.FESTOLESE

La dirigenza della ocfestolese proclama:

1. I GIOCATORI CHE NON SI PRESENTERANNO AD UNA PARTITA SENZA ALCUN PREAVVISO VERRANNO MULTATI DI EURO 10,00

2. IL NUOVO SUPERVISORE TECNICO SARA' CACACE VALERIO, A LUI IL COMPITO DI SCHIERARE LA SQUADRA IN CAMPO. CHI NON RISPETTERA' LE CONSEGNE TECNO TATTICHE DI CACACE RINCORRENDO LA GLORIA PERSONALE E NON L' INTERESSE COLLETTIVO, VERRA' MULTATO DI EURO 3,00

3. IN ASSENZA DI CACACE IL SUPERVISORE TECNICO SARA' FRANCESCO DI PRISCO IL QUALE INOLTRE AVRA' IL COMPITO DI CURARE LA FASE DIFENSIVA.

4. ALLE PARTITE CI SI DOVRA' PRESENTARE ALMENO DIECI MINUTI PRIMA DELL' INIZIO DELLA GARA. IN CASO DI RITARDO L' AMMENDA SARA' DI EURO 3,00

5. IL PREPARATORE ATLETICO E DIRETTORE SPORTIVO DELLA SQUADRA SARA' PIETRO ROMANO.

6. LE MULTE VERSATE SARANNO MESSE A FONDO CASSA PER LA CENA SOCIALE.

7. I TESSERATI CHE RISPONDERANNO AL CELLULARE DURANTE LO SVOLGIMENTO DELLA PARTITA VERRANNO MULTATI DI EURO 5,00

8. CHI SI PRESENTERA' AD UNA PARTITA SENZA LA DIVISA UFFICIALE DELLA OCFESTOLESE VERRA' MULTATO DI EURO 2,00

9. FRANCESCO MASSA E GIUSEPPE DE MAIO VIGILIRANNO SUL RISPETTO DA PARTE DI TUTTI DELLE REGOLE SOPRAELENCATE.

REAL PRISCOLANDIA - OCFESTOLESE 12 - 4

IL TABELLINO

ocf gianello - romano - edwin - de maio - escag

reti: escag 3 - romano 1

sabato 18 aprile 2009

TONIGHT'S ARTIS PARTYS

SPECIAL GUEST:

OCFESTOLESE TEAM

STRISCIONE CONTRO FRANCESCO MASSA

" AMI CENSURA E REPRESSIONI,
MA QUALE ULTRAS.. TU SEI PEGGIO DI MARONI.."


PRESIDENTE CENSURATO, CONTINUA LA BATTAGLIA CONTRO LA LIBERTA' DI STAMPA DI TAL FRANCESCO MASSA.

FORFAIT DI CACACE LO SOSTITUISCE EDWINf

ecco le nuove formazioni per la sfida di lunedi'

ocf posizares-edwin-romano-escag-de maio

rep di prisco - amico fdp 1 - amico fdp2 - apreda - giginho

venerdì 17 aprile 2009

LUNEDI' ORE 16.30 CAMPO DI MONTARIELLO

OC FESTOLESE
1 POSIZARES - 2 ROMANO - 3 ESCAG - 4 CACACE - 5 DE MAIO

REAL PRISCOLANDIA
1 DI PRISCO - 2 EDWIN - 3 APREDA - 4 AMICO DI PRISCO - 5 GIGINHO

PER EVENTUALI DISDETTE O INFO CONTATTARE PEPPE MARESCA

FESTOLESE FOR VAURO NO ALLA CENSURA


FESTOLESE
FOR VAURO

NO ALLA CENSURA

mercoledì 15 aprile 2009

Vauro epurato
Giovedì sit-in alla Rai

la dirigenza della ocfestolese intende pubblicamente manifestare il proprio disappunto contro la decisione del cda della Rai di epu
rare il vignettista Vauro. Una decisione clamorosa, contro la quale anche una squadra di calcio deve manifestare il proprio dissenso.


PER CAPIRE MEGLIO COME SI SONO SVOLTI I FATTI pubblichiamo l' articolo de IL MANIFESTO di oggi ( da leggere attentamente la lettera del dg della Rai demasi con la quale spiega a Vauro i motivi del suo allontanamento.)


Il nuovo direttore generale Mauro Masi (già segretario generale della presidenza del consiglio) ha intimato a Michele Santoro e alla sua redazione un «immediato e doveroso riequilibrio relativo ai servizi andati in onda dall'Abruzzo giovedì scorso». Mentre Vauro, soltanto per le sue vignette, è stato «sospeso» da tutti i programmi del servizio pubblico. In parole povere, è stato di fatto licenziato in tronco. La vignetta incriminata («Aumento di cubatura. Dei cimiteri») è stata giudicata «gravemente lesiva dei sentimenti di pietà dei defunti e in contrasto con i doveri e la misione del servizio pubblico». La censura però potrebbe non finire qui. Perché la questione sarà comunque all'attenzione del prossimo cda della Rai previsto il 22 aprile.

La redazione di Annozero ha ovviamente respinto gli addebiti dell'azienda ricordando tra l'altro che ad oggi non è arrivata nessuna richiesta di rettifica ai servizi giornalistici mandati in onda. Né dalla protezione civile né da altre istituzioni o organismi coinvolti nell'assistenza successiva al terremoto. Almeno finora, la puntata di giovedì sera della trasmissione andrà regolarmente in onda.

Giovedì mattina, 16 aprile, «Sinistra e libertà» ha indetto alle 10.30 sit-in di protesta e di solidarietà a Vauro davanti la sede centrale della Rai a Roma, viale Mazzini 14. Il manifesto sarà ovviamente in prima fila. Insieme a noi, speriamo, ci saranno anche i nostri lettori su carta e su web.
Ecco il testo della lettera inviata dal direttore generale della Rai Mauro Masi a Vauro Senesi con cui viene sospeso il giornalista a causa di una vignetta sul terremoto mostrata durante la puntata di giovedì 9 aprile ad Annozero.

«Le contestiamo - scrive Masi -, per le ragioni sottoesposte, il grave inadempimento alle obbligazioni di cui al contratto prot. RT/RALA/LAN/2633/08/02671 del 31.7.2008 e, in particolare, ag1i obblighi previsti ai punti 8) e 9) del medesimo. Nel corso della puntata del programma Annozero del 9 aprile 2009, disattendendo gli obblighi sopra indicati, Lei ha realizzato e mostrato al pubblico, in diretta televisiva, una vignetta del seguente tenore 'Aumento delle cubature. Dei cimiterì. Tale condotta, gravemente lesiva del sentimento di pietà dei defunti - si legge nella lettera - travalica all'evidenza i limiti del corretto esercizio del diritto di satira e si pone in contrasto con i parametri di qualità dell'offerta che costituiscono elemento essenziale della missione del servizio pubblico radiotelevisivo, in forza della previsione di cui all'art. 3 del vigente contratto di servizio e delle disposizioni del Codice Etico del Gruppo Rai, al cui rispetto Lei è obbligata. Pertanto - conclude la lettera -, nel ritenerLa personalmente responsabile per ogni conseguenza e/o pregiudizio e/o rilievo, anche da parte delle Autorità competenti, che dovessero derivare all'Azienda in ragione dell'illegittima condotta da Lei posta in essere, in ordine alla quale ci riserviamo ogni e più ampia tutela, con la presente Le comunichiamo che l'Azienda, in via cautelativa, non intende avvalersi delle Sue prestazioni su tutte le Reti e Testate»


ECCO I CONVOCATI DELLA OCFESTOLESE PER LA PARTITA DI LUNEDI'

1. POSIZARES
2.DE MAIO
3. ROMANO
4. CACACE
5. ESCAG
ALL. RATINHO


REAL PRISCOLANDIA

1. DI PRISCO
2. DI PRISCO'S FRIEND
3. EDWIN
4. GIGINHO
5. APREDA ????

ALL. ITALO GALBIATI

martedì 14 aprile 2009



LUNEDI' ORE 17 CAMPO MONTARIELLO

NUOVA SFIDA FESTOLESE V/S RESTO DEL MONDO O REAL PRISCOLANDIA

PER I CONVOCATI FESTOLESI CONTATTARE PIETRO

IN PRE ALLARME POSIZARES E CACACE

martedì 7 aprile 2009

Il Centro lancia una sottoscrizione
per aiutare i terremotati
Il quotidiano d'Abruzzo "il Centro" di concerto con il gruppo editoriale Finegil-Repubblica-L'Espresso e con le Casse di risparmio dell'Aquila - Carispaq, di Pescara - Caripe e di Teramo - Tercas lancia una sottoscrizione popolare per aiutare le famiglie aquilane sconvolte dal tremendo sisma del 6 aprile.

Chiunque volesse contribuire con una somma in denaro può farlo utilizzando i numeri di conto corrente sotto elencati:

Banca CARISPAQ SPA
"Vittime terremoto L'Aquila"
Codice Iban: IT 53 Z 06040 15400 000 000 155 762
Codice BIC: BPMOIT22XXX

Banca CARIPE SPA
"Raccolta fondi pro terremotati d'Abruzzo"
Codice Iban: IT 19 B 06245 15410 000 000 000 468
presso Banca Caripe Spa Sede Pescara
Corso Vittorio Emanuele 102/104 - Pescara.
CODICE BIC: BPALIT34

Banca TERCAS SPA
"Raccolta fondi pro terremotati d'Abruzzo"
Codice Iban: IT 48 L 06060 15300 CC 090 005 35 65
presso Banca Tercas Spa Sede Teramo
corso San Giorgio 36 - Teramo.

Banca CARICHIETI SPA
"Ministero della Protezione Civile Pro Terremotati Abruzzo"
Codice Iban: IT 31 H 06050 15500 CC 001 008 30 00
(06 aprile 2009)

FESTOLESE CON EMERGENCY


Emergency è un'associazione italiana indipendente e neutrale, nata per offrire assistenza medico-chirurgica gratuita e di elevata qualità alle vittime civili delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.

Emergency promuove una cultura di solidarietà, di pace e di rispetto dei diritti umani.

L'impegno umanitario di Emergency è possibile grazie al contribuito di migliaia di volontari e di sostenitori.


Dal 1994 ad oggi l'attività di Emergency è costantemente aumentata in Italia e nei paesi afflitti dalla guerra e dalla povertà.

Questo è stato possibile grazie all’aiuto di tutti coloro che hanno messo a disposizione il loro tempo come volontari e dei singoli cittadini, delle aziende e degli enti che hanno contribuito ai nostri progetti.http://www.emergency.it
OC FESTOLESE - REAL PRISCOLANDIA 1 - 6

reti ocf: 1 romano

formazione ocf: posizares - giginho - marchinho - romano - escag

c' e' CRISI? LA FESTOLESE COMPRA

La crisi economica e di risultati che ha colpito la festolese, non sembra preoccupare il presidente che anzi risponde concludendo altri tre acquisti. Verranno infatti presentati domani a mezzogiorno nella hall della sede sociale, l' estroso centrocampista sudamericano Edwin, l' arcigno difensore giapponese TAKESCY, e il bomber argentino Panitico. I tifosi sperano che con questi nuovi acquisti, la squadra festolese possa invertire il trend di sconfitte degli ultimi due mesi.

giovedì 2 aprile 2009

ARCIMATTO 5P : PAOLO SOLLIER


Prima ancora che per i suoi piedi buoni (giusto in quegli anni predicava Fuffo Bernardini...), Paolo Sollier si distinse, nella metà degli anni Settanta, per il suo anticonformismo e per il suo essere schierato politicamente. Lui stesso, attraverso la copertina del suo libro (che lo ritraeva con la maglia rossa del Perugia e il pugno chiuso alzato...) si dichiarava "Calciatore per caso". Il caso, però, a Paolo Sollier da Chiomonte, provincia di Torino, diede una bella mano. "Per caso" si ritrovò a far parte di quel Perugia dei miracoli, allenato da un allora sconosciuto Ilario Castagner, che centrò una clamorosa promozione in serie A nel 1975 grazie anche ai gol (sette in tutto, e senza rigori...) del suo centravanti di manovra."Mi spiace soltanto" racconta oggi Sollier dalla sua casa di Vercelli "di non avere colto né vissuto appieno, a quei tempi, il significato di quell'impresa. Il Perugia saliva per la prima volta in serie A, tutta una città, e non solo i tifosi più accesi, erano dietro la squadra. Tanto che ancora oggi, chiunque di noi si presenti a Perugia, viene riconosciuto e ricordato..."Forse tu all'epoca desti poca importanza a quella promozione in quanto il calcio, per te, era una cosa marginale..."Proprio per niente: sono diventato, sì, calciatore per caso, ma solo perché all'epoca era così, da ragazzino giocavi per divertirti; poi, se ci sapevi fare, andavi avanti. Oggi è diverso, molti ragazzi "programmano" la loro carriera anche con l'aiuto dei genitori: decidono che da grande faranno i calciatori. Allora una simile mentalità non aveva senso: diventare calciatore non ti garantiva stipendi da nababbi (eccezion fatta per i campioni), per cui era anche inutile investire tutto quel tempo.Resta il fatto, però, che ho sempre giocato a calcio, e con grande passione. Solo non va confusa la mia passione per questo sport con quello che era, ed è, il mio modo di essere."Anticonformista?"Una parola grossa: più semplicemente, all'epoca erano ancora rare le persone che dicevano ciò che pensavano e si comportavano in maniera naturale. Così io, come tanti altri, venni spacciato per ribelle solo perché non nascondevo il mio essere 'io'. Ecco, credo che al di là dell'aspetto politico, sul quale tanto si è ricamato, fosse questa la vera innovazione del '68. Per queste ragioni non mi riconoscevo del tutto nel personaggio-Sollier che mi costruirono addosso: il calciatore di avanguardia operaia, quello del pugno chiuso, quello che non firma autografi... Non rinnego niente, sia chiaro, ma si trattò, in alcuni casi, di singoli episodi ingigantiti, o comunque di aspetti della mia personalità che tendevano a sovrastare tutto il resto. Si arrivò addirittura a dire che andavo in campo per fare proselitismo... Assurdo: io in campo pensavo a giocare."Resta il fatto che quel pugno chiuso finì in copertina del tuo libro..."Fu una scelta dei miei amici della casa editrice. Io non ero d'accordo, loro mi convinsero che si trattava di un'immagine emblematica, che fotografava un momento..."Non si trattò, piuttosto, di una scelta di marketing?"Mi sa di sì..."Che ricordi ti sono rimasti impressi, di quegli anni Settanta? Quali episodi "vedi" riguardando indietro?"Sarebbe facile rispondere 'il delitto Moro': in realtà gli anni di piombo, il terrorismo rappresentarono una sorta di punta - impazzita - di un iceberg, un fenomeno che finì per criminalizzare un'intera generazione. Si diceva: 'ecco a cosa sono arrivati quelli del '68'. In realtà, e lo dico senza voler sminuire l'orribile aspetto di quei delitti, il terrorismo fu dovuto a un'esigua minoranza, a scelte personali perverse e forse - indirettamente - anche 'favorite' da una sinistra che, già allora, pareva compiere scelte opportuniste, annacquava le proprie idee per prendere più voti..."L'eurocomunismo non fu sufficiente a vincere le elezioni: il 20 giugno 1976 il 'sorpasso' non ci fu, e la DC rimase al potere grazie a quanti, seguendo il consiglio di Indro Montanelli, andarono a votare turandosi il naso..."Certo. Il ceto medio è sempre la maggioranza, quella che decide..."Torniamo a quel Perugia, il Perugia dei miracoli..."Questo è il bello del calcio. Uno sport che, a differenza di tutti gli altri, sfugge alle regole della programmazione. Certe volte i miracoli avvengono, proprio come ora sta succedendo con il Chievo: nel nostro caso contribuirono vari fattori: un allenatore ambizioso, un gruppo di calciatori che, magari, presi uno per uno, non valevano granchè ma, come gruppo, esaltavano a vicenda le proprie qualità. Forse contò anche il fattore-sorpresa, la piazza serena..."Quel Perugia però, alternò momenti esaltanti ad altri drammatici, primo su tutti la morte di Renato Curi..."Renato... Abbiamo giocato insieme per anni e non ci siamo accorti mai di nulla. Dopo la sua morte scoprimmo che in precedenza aveva dovuto affrontare due visite fiscali: la prima quando passò dal Giulianova al Como, quindi quando fu ceduto al Perugia. Evidentemente c'era qualcosa che non andava, ma lui stesso ne venne, evidentemente, tenuto all'oscuro..."Ne sei sicuro?"Non era mica un suicida. Era un ragazzo allegro, sveglio... E poi in campo era un motorino. Non ci furono avvisaglie. Dopo la tragedia, Michele Nappi ed io (che nel frattempo ero passato al Rimini), in qualità di rappresentanti dei calciatori, ci costituimmo parte civile. Ricordo ci telefonò Pasqualin, l'attuale procuratore, per dirci che la Federazione, forse, non aveva fatto i dovuti controlli. Finì che la controparte offrì un risarcimento economico alla vedova, e il caso venne chiuso. Credo si sia trattato di una morte evitabile."Torniamo a quel periodo: erano anni particolari, quegli anni 70. Anni di piombo, tutt'altro che sereni..."Se parliamo dei grandi fatti, dei fatti di cronaca, senza dubbio sì. A livello personale, a livello umano però, la qualità della vita (non intendo certo il lato economico) era migliore"Perché?"Certi valori quali, su tutti, la solidarietà, o se vuoi fermarti un gradino più giù, la socialità o umanità che dir si voglia, erano ancora vivi, più radicati, non solo nella sinistra. C'erano anche, ancora, i valori dell'essere cristiani: "Ama il prossimo tuo come te stesso" era un pensiero ancora riconosciuto. Oggi impera l'egoismo, la mancanza di rispetto, il menefreghismo per la sofferenza del prossimo, dei poveri, degli emigranti, degli zingari, per fare alcuni esempi. C'è poi, a tutti i livelli, una competitività esasperata, una lotta 'tutti contro tutti.' Credo che il mezzo televisivo abbia contribuito a questo inaridimento: la televisione rende superficiali, uccide la memoria e la socialità."Anche il calcio si è inaridito..."Di questo non sono convinto. Il calcio, sotto certi aspetti, e forse più a livello minore, rimane uno sport essenzialmente di squadra. Per questo imprevedibile..."Ma la tecnica, la fantasia sono andate a farsi benedire..."Non sono d'accordo. Vero è che, anche a livello di vivai, si è esasperato il lato tattico piuttosto che incoraggiare quello tecnico. Vero è che si corre di più, si pressa, le squadre corte complicano il gesto tecnico. Credo però che il livello tecnico medio sia superiore a quello dei miei tempi. Prendi, ad esempio, uno come Zidane, che se ne viene via in mezzo a tre avversari che lo pressano. È un gesto tecnico incredibile, impensabile ai miei tempi quando in campo, catenaccio o non catenaccio, si respirava di più."Alla fine Paolo Sollier è rimasto nel calcio: allenatore per caso?"Fino a un certo punto. Chiaro che uno, giunto a fine carriera, compie delle scelte professionali, e il campo di calcio fa parte del mio mondo."Vivi a Vercelli, alleni il San Colombano al Lambro. Scelte di vita?"Credo che ognuno, nella vita, si disegni un proprio cammino. Per quanto riguarda Vercelli: vent'anni fa, durante i miei ultimi anni da calciatore, conobbi qui una simpatica signora, e decisi di fermarmi qui. Quanto al San Colombano: se alleno una squadra per così dire 'minore', vuol dire che questo è il mio destino, se così vuoi chiamarlo."Accetteresti, dunque, la panchina di una grande squadra?"Ma perché no?"CALCIO E POLITICA L’INTERVISTATrent’anni dopo le sue celebri contestazioni politiche in area di rigore, l’ex attaccante del Perugia, oggi 57enne, allena una squadra di promozione in provincia di LodiPaolo Sollier«Io facevo la rivoluzione, i gesti di oggi sono altro» Il più celebre “dissidente” del pallone italiano: «Andavo in campo da figlio del ’68, Di Canio e Zampagna no»Intervista raccolta da A Brembio (Lodi) e Massimiliano Castellani, pubblicata qui dal quotidiano cattolico AvvenireAChiomonte, piccolo centro della Val di Susa, i moti del '48 arrivarono con cento anni di ritardo. Era il 13 gennaio 1948, il giorno che nacque Paolo Sollier, il rivoluzionario del calcio italiano. Non era ancora il "Mao" degli spogliatoi di Perugia e Rimini, quando giocava nelle giovanili del Vanchiglia, e tutto si poteva pensare tranne che la sua sarebbe stata una vita di barricata più che da uomo d'area. Negli anni '70 quelli che come lui mischiavano Dio con le faccende della politica di sinistra, venivano etichettati come cattocomunisti: lui che univa le due cose, conciliandole con la pratica poco intellettuale del pallone, finì presto in cima alla lista dei "dissidenti". Un percorso esistenziale lineare, anche adesso che dopo 7 anni di Sancolombano in serie D è passato ad allenare il Brembio in Promozione.Nelle quattro ore di macchina che fa tre volte alla settimana da Vercelli, dove vive, a Brembio, capita che rivada con la memoria a quella domenica del '75, quando all'Olimpico conobbe la dura contestazione dei tifosi laziali per aver mostrato il pugno chiuso.Cosa è significato per Sollier quel gesto?«Molto, perché come giocatore forse non mi avrebbero ricordato senza quell'episodio. A me comunque quel pugno chiuso non stava nemmeno simpatico. Lo reputavo un gesto senza fantasia. Cominciai a farlo quasi per gioco a 19 anni e poi ho continuato perché trovavo che fosse un atto di coerenza per l'impegno che avevo profuso prima di diventare un giocatore professionista. Continuare ad esporlo, era un modo di ricordarmi da dove venivo e voleva essere una provocazione, ma non al mondo esterno, semmai all'interno di quel sistema in cui ero entrato e nel quale volevo restare comunque me stesso».Zampagna e Di Canio su fronti opposti non pensa che l'abbiano emulato?«Io non mi sento vicino a Zampagna perché parliamo di mondi distanti. Io sono figlio del '68, cresciuto con una educazione cattolica che mi ha dato due grandi insegnamen ti: la convinzione che nella vita c'è sempre una via d'uscita e l'abitudine a prendermi sempre la responsabilità di tutto in prima persona, eliminando quella finzione che sono gli alibi. Di Canio invece ritengo che sia un po' l'espressione di quello che passa in questo momento la nostra società e di conseguenza il calcio. Il suo braccio teso è stata la dimostrazione che comunque la storia ci rimanda continuamente indietro. La mia generazione era convinta che con il tempo nel mondo i conflitti si sarebbero attenuati. Il presente ci ha smentito e dimostra anzi che la lotta al nemico, allo sconosciuto, al diverso, si è fatta più dura. Ma guardando i casi di Zampagna e Di Canio la mia impressione è che si stia comunque cercando di stare troppo dietro ad un falso problema».Significa che sbagliano quelli che danno delle interpretazioni politiche ai loro gesti?«La politica nel calcio c'è, e da sempre, ma non si vede, non è eclatante come quei gesti ai quali ognuno di noi può dare il valore che vuole. Ma il problema credetemi non è lì. Il dramma è quello che ha fatto la politica vera al calcio, inteso come industria. Un'industria in piena crisi economica che negli ultimi dieci anni ha incamerato milioni di debiti e questo è il risultato di scelte politiche, di connivenze pericolose. Ma di queste cose non si parla mai, fanno più notizia i pugni chiusi, certo… Io invece rabbrividisco quando sento dire che l'Italia si propone per gli Europei del 2012, e c'è da ricostruire tutti gli stadi. Ma come, e tutti i miliardi spesi per realizzare quelli dei Mondiali del '90?…».Tornando a quei gesti, comunque c'è chi teme che possano sfociare in un inasprimento della violenza negli stadi e alterare gli equilibri del complesso mondo ultrà.«Falsa demagogia: basta togliere la svastica o la faccia del Che dallo striscione e ci si accorge che le Curve parlano tutte la stessa lingua. E poi bisogna stare attenti a demonizzare gli ultrà, perché spesso in mezzo a l oro ci sono ragazzi che fanno volontariato e tutta una serie di iniziative socialmente utili. Una volta mi è capitato di conoscerne uno che aveva raccolto i fondi necessari per costruire un ospedale in un paese del terzo mondo. Poi magari scopri che quel tipo di soggetto è lo stesso che alla domenica sfascia una macchina e partecipa alla carica contro i celerini o i tifosi avversari. Ma qui entra in ballo la loro responsabilità, di canalizzare al meglio le energie positive e dargli una continuità in senso costruttivo, proteggere lo stadio come uno dei pochi luoghi di aggregazione rimasto a queste ultime generazioni».Cosa salverebbe e cosa andrebbe buttato del mondo del pallone?«Del calcio di oggi salvo una sola cosa: il suo linguaggio. Un linguaggio universale, l'unico che possa dirsi tale, più di Internet, e che accomuna un ragazzo del Tanganika con un coetaneo che vive al Polo Nord. Butterei invece quella massa di programmi sportivi idioti e inutili, che hanno creato una generazione di tifosi addestrati al calcio della tv che è tutto un altro sport rispetto a quello che si gioca in campo».
Il codice SollierPAOLO Sollier, che si pronuncia come si scrive e non Solliè, originario di Chiomonte, a metà degli anni settanta giocava nel Perugia e salutava il pubblico a braccio teso e pugno chiuso. Un gesto che voleva dire avanti popolo, operaia è la mia vita, siamo arrivati qui sul 68. Che non è un tram, ma un anno in cui qualcuno ha messo una svolta da qualche parte per andare a cercare un futuro. Un gesto che è stato preso troppo sul serio, secondo lui: «Per me era un saluto normale, nato sui campi di serie D, che rivolgevo agli amici in tribuna. Un’intesa, una cosa tra noi, mica solo uno slancio politico».Ma come, equivocato proprio Sollier, il simbolo dell’anticonformismo e della forza intellettuale, quello schierato politicamente, senza vergogna? Da non crederci. All’epoca ha scritto un libro («Calci, sputi e colpi di testa», editrice Gammalibri, introvabile) e la vita lo ha… punito facendolo diventare allenatore della Nazionale Scrittori.Il fatto è che lui sa giocare bene in tutti i ruoli che la vita gli propone. Ed è per questo che ancora oggi Sollier, uno dei primi calciatori diventati famosi grazie ad un forte impatto mediatico, è uno dei personaggi più veri con cui parlare di calcio. Un uomo dal pensiero prensile e dagli occhi più vispi di un opossum.Ciò che più colpisce, a maggio 2006, è incontrare Sollier senza barba e capelli come appariva nelle figurine Panini. Sollier, quel Sollier, era un «barbudo», l’aria di un rivoluzionario, una specie di barbaro che uccideva i barbieri, un vichingo ruvido come il vino avanà, rosso delle sue parti.Paolo Sollier è nato a Chiomonte il 13 gennaio 1948, oggi vive a Vercelli e in valle di Susa ci torna ogni tanto per accompagnare in montagna la madre che vive a Torino: «Un po’ d’aria buona, d’estate. In valle di Susa ho pochi legami, però è sempre il luogo dove sono nato e che mi ha fatto capire la differenza tra le debolezze della città e la durezza del lavoro nei campi, il sudore come valore di vita».Il Sollier calciatore, centrocampista camuffato da attaccante, ha giocato con le maglie di Vanchiglia, Cinzano, Cossatese, Pro Vercelli, Perugia, Rimini, di nuovo Pro Vercelli e infine Biellese. La serie A l’ha vista di passaggio nella stagione 75-76, quando aveva 26 anni. Ha segnato un solo gol ma glie l’hanno annullato: «Mi girano le scatole ancora oggi. L’ho fatto a San Siro contro il Milan, un tiro da fuori area dritto all’incrocio dei pali. La palla veniva fuori da una mischia dopo un corner, l’arbitro ha fischiato un fallo di confusione là in mezzo. Un gol a San Siro è sempre un gol a San Siro».Gli occhi si accendono, le mani si stringono a pugno (arrieccolo), i piedi si agitano come se avessero un appuntamento. No, non l’ha ancora digerita. E sono passati trent’anni. E chissà quante altre volte la rete di San Siro si è gonfiata invano. Non che a Sollier i gol facessero lievitare il conto in banca: ogni volta che la buttava dentro chiedeva al presidente di sottoscrivere dieci abbonamenti al Quotidiano dei lavoratori. Stop.
Ma cos’è questa cosa del centrocampista travestito da attaccante? Spieghi, mister. «Ero un centrocampista con buone doti offensive e mi mettevano il numero nove sulla maglia: tutto qui».Qual è il ruolo più bello del mondo? «Quello che riesci a fare meglio, ma per vocazione, perché ci sei portato».A Perugia, Sollier se lo ricordano per i sette gol messi a segno nell’anno d’oro in serie B, quello della promozione. Se torna nel capoluogo umbro lo soffocano ancora adesso.Quella squadra, allenata da Ilario Castagner, ha scritto una grande pagina di calcio salendo per la prima volta in serie A. E la sua bellezza stava forse nella statura morale dei suoi solisti, diventati grande collettivo. Erano gli anni in cui Sollier, al quale veniva apposta l’etichetta di dissidente, sapeva fare molto bene il suo mestiere.Eppure anche al top della carriera il calciatore pensante (una rarità) si è sempre sentito un calciatore per caso. Perché? «Perché il calcio all’epoca era così. Se eri bravo e avevi un po’ di fortuna venivi fuori. Ma sapevi da dove venivi, sapevi chi eri. Oggi invece dietro a un ragazzo che gioca a pallone c’è una programmazione, sia della dirigenza che dei genitori. Lui deve per forza diventare un calciatore. Ai miei tempi non aveva senso, perché diventare calciatore voleva dire guadagnare non abbastanza per vivere di rendita per tutta la vita. Oggi sì, purtroppo».Non dirmelo. Il barbudo giocava per passione. «Esatto. Amavo il calcio ed ero me stesso. Anche quando alzavo il pugno». E cos’era quel gesto? Anticonformismo o cosa? «Anticonformista non direi. Almeno, non ero consapevole di esserlo. Mi spacciavano per un ribelle, mentre io ero soltanto me stesso. Non recitavo una parte, ecco».Forse ha contribuito il fatto di militare in Avanguardia Operaia… «Può darsi. Comunque tutto è nato da episodi gonfiati dai mezzi di informazione. Ma chiariamoci: io non rinnego il pugno e la militanza, dico solo che era la mia personalità».E’ vero che non firmava autografi? «E’ vero».E’ vero che qualcuno diceva che lei giocava solo per fare proselitismo, un Gesù alla comunista? «E’ vero, lo dicevano. Ma io andavo in campo solo per giocare».E’ vero che non era d’accordo con l’editore del suo libro che voleva mettere in copertina lei con il pungo chiuso?«E’ vero. Mi dissero che quell’immagine era emblematica. Ma mi sa che mi hanno fregato, forse era una scelta di marketing».
Cosa le manca degli anni 70? «C’era un’atmosfera pesante, dovuta ai fatti di cronaca nera come il delitto Moro. Però si sentivano valori come la solidarietà, la socialità. Anche i valori cristiani erano più veri. Oggi è tutto più arido. La colpa? Delle concorrenze, della competitività e della televisione: distoglie dall’aggregazione, informa male, dispensa superficialità ed è un luogo dove si diventa falsi, dove si recita una parte».E’ per quello che non va in televisione? «Sì. La detesto».E’ vero che a fine carriera ha comprato una radio privata? «Vero anche questo. Radio Rosa Giovanna di Rimini. Facevamo trasmissioni sulla storia degli Indiani d’America e sui cantautori francesi».Poi è cominciata l’era delle panchine. Ora il calcio lo vive da allenatore? «Allenatore senza panchina, purtroppo: il Brembio (serie D lombarda ndr) mi ha esonerato a metà stagione. Meno male che c’è la Nazionale Scrittori…». Capitan Baricco (infortunato), Perissinotto, Grande, Cavina, il portiere Favetto. Come sono, brocchi ben grammaticati? «Hanno dei limiti tecnici, ecco. Ma hanno un grande spirito di squadra e di sacrificio. E a me va bene: quando li alleno mi diverto».Lei ha vinto diversi concorsi letterari aperti a calciatori professionisti. Scrive ancora? «Ogni tanto, se qualcuno me lo chiede. Oppure se mi sveglio con un’idea da proporre a qualcuno. Scrivo per passione, non per talento ».Tifoso della Juventus. Ma sentitelo: «Da ragazzo ero della Juve nel profondo. Sivori, Charles, Boniperti. So le formazioni a memoria. Poi ho giocato contro la Juve e ho capito cos’è l’arroganza del potere. In campo e fuori. Adesso tifo Juve e sono sempre contento: quando vince perché la amo e quando perde perché non la sopporto».
A CURA DI MARES..CUCCI